lunedì, novembre 16, 2009


aggiornamenti dell'archivio Bolaño






novita dell'Archivio Bolaño
3/11/09
 • " il mistero del titolo del libro" i
le possibil ispiegazioni del titolo del romanzodi Roberto Bolaño 2666
3/11/09
 • " 2666 volume II" i
Dario Voltolini - tuttolibri 25-1/10/2008- e intervista radio tre del 3/11/2009sul romanzo di roberto Bolaño 2666
29/10/09
 • "Su 2666 di Bolaño" i
Francisco Goldman dicembre 2008 - trad Gianni Errera

domenica, novembre 08, 2009

le leggende di Bolaño


Come è stato detto, Bolaño è ormai diventato un mito e attorno a lui crescono le leggende. Dopo la morte, nel 2003, la sua figura ha suscitato un crescente interesse accademico, dei critici, del mercato e del pubblico dei lettori, trasformando l'autore in un link internomodello di vita".
  Sono molti i fattori che hanno contribuito a questo processo di canonizzazione:

- una vita nomade e turbolenta, più per necessità che per vocazione, ma che al contrario di quello che si vuole far credere, non ha niente di avventuroso o "romantico" o "eroico". Bolaño, che pure non era particolarmente attratto dal viaggio ( "in verità è più sano non viaggiare, è più sano non muoversi, non uscire mai di casa, stare ben coperti in inverno, non togliersi la sciarpa d'estate, è più sano non aprire la bocca nè battere le ciglia" nota ), in realtà fu costretto a una vita di spostamenti e traslochi sin dall'età di 5 anni, per motivi economici. All'età di 15 anni, dovette emigrare in Messico con la famiglia per motivi economici. La necessità di emigrare, alla ricerac di migliori condizioni di vita, non ha niente di romantico e avventuroso. E' triste, traumatica, piena di incertezze e difficoltà.
Successivamente, nel 1978, Bolaño emigra in Europa e si stabilisce in Spagna insieme alla madre. E' un extra-comunitario, con il problema del permesso di soggiorno e con la necessità di dover trovare un lavoro. Questa realtà è stata sistematicamente negata dagli intellettuali latinoamericani (o quasi tutti) che, inconsciamente o chissà per quale recondito motivo, non hanno mai accettato la condizione di uno scrittore autodidatta, che suo malgrado era costretto a una vita nomade e indigente ( a scrivere link interno" ) completamente estraneo per estrazione sociale e formazione e modus vivendi alla loro casta, che pure ha sempre goduto di privilegi in America latina. Il tentavo, forse inconsapevole ma ossessivo di assimilare Bolaño allo status di "esiliato" è costante e si puo' rintracciare in tutte o quasi tutte el interviste. Bolaño ha sempre rifiutato la retorica della "patria" e la mistica dell'esilio nota:

A quell'epoca [1984] io lavoravo a roses, a metà strada tra Figueras e Cadaqués, anche se la mia vita non aveva niente di glamour, soprattutto se intediamo la paroal glamour così coem al intendono e la esemplificano queste centinaia di esiliati latinoamericani, soprattutto quell iche si dedicano all'arte o allo spettacolo (di fatto, dubito molto che sappiano la differenza tra l'aret e lo spettacolo). Diciamo che allora io lavoravo in un negozio di bigiotteria, come dire che avevo il mio piccolo negozio, e viveva come un arabo di "Le mille e una notte", o come un ebreo del ghetto di Praga, senza frequentare il circol odi Kafka, ma apprendendo quei nom ipittoreschi che designano i diversi pezzi di bigiotteria. A mezzogiorno ero solito andare a nuotare in una scogliera del porto, dove ancora era possibile vedere i polipi. Quando i polipi mi vedevano si allontanavan oe i ol iseguivo, senza toccarli, per un buon tratto. Di notte, dopo aver contato i guadagni e le perdite del giorno, e averle annotate in un quaderno molto grosso, mi mettev oa scrivere, steso per terra (non avevo un tavolo) e a volte pensavo all'occhio del polipo che avevo visto a mezzogiorno e tutto mi sembrava magnifico. Se non fossi stato vittima di una truffa, probabilmente averi continuato con lo stesso lavoro"

- il coinvolgimento diretto durante il feroce e violento colpo di stato in Cile: in realtà la presenza di Bolaño durante quei terribili giorni e' stata casuale come pure il suo arresto. Bolaño, che pure aveva un chairo orientamento politico di sinistra e come tutti i giovani di allora aveva creduto nelle speranze di cambiamento dei moviemnti rivoluzionari dell'America latina, non era certo un rivoluzionario militante. Come in modo molto eloquente ha ripetuto lo scrittore Horacio Castellanos Moya link esterno



- l'ingenua, ma forse inevitabile confusione tra il personaggio di Bolaño e la persona di Bolaño; in molti dei suoi romanzi è fondamentale la presenza di personaggi che, nella veste di protagonsiti o dell'io narrante assumono il ruolo di Roberto Bolaño ( tra cui spicca Arturo Belano, poeta-detective protagonista de I detective selvaggi, presente in "Chiamate Telefoniche, fonte ispiratrice di Stella distante e io narrante di 2666. Oppure B in Puttane assassine). Ma sarebbe ingeneroso e fuorviante ridurre i libri di Bolaño a romanzi autobiografici. Al contrario in essi viene raccontata una biografia immaginaria. La scrittura di Bolaño [Jose Promis] .

  "Una cosa è certa: Bolaño scriveva dall'ultima frontiera y sull'orlo dell'abisso. Solo così si può capire una prosa tanto attiva e cinetica e, nello stesso tempo, tanto osservatrice e riflessiva. Solo cosi' si comprende la sua necessità impostergabile di essere persona e personaggio. Non importa (...)dove finsice Bolaño e comincia Belano. Ciò che importa è che il primo abbia creato il secondo perchè gli sopravviva, e che non si sia rassegnato con la mera allucinazione di uno che, a momenti, giocherellava romanticamente con la possibilità che anche Bolaño fosse un personaggio di Bolaño (...) Belano è "più una vita e alternativa in un'altra diemnsione che un alter ego proprio dell'autore, personaggio che, malgrado l'annuncio del suo suicidio in Africa, Bolaño decise di resuscitare in varie occasioni fino a proporlo come la voce futurista che comanda e ordina 2666" [Rodrigo Fresan, El secreto del mal y La Universidad Desconocida, de Roberto Bolaño link esterno ]


- l'operazione di marketing dell'industria editoriale USA: i lettori USA, si sa, sono affascinati dalla figura dello scrittore, selvaggio, un po 'sovversivo e perennemente "on the road", un mito in grado di rappresentare il fascino dell'esotico, ma nello stesso tempo, proprio perchè distante, finisce per confermare la "superiorità" della loro cultura, "civilizzata", "pragmatica", "razionale" e "moderna".

questo fenomeno e' stato ampiamente, spiegato e denunciato dagl iscrittori latinoamericani ( v. Bolano postumo link interno) e non merita altri commenti nota


Ciò che importa alla fine, è l'opera di Bolaño che trascende tutte le leggende e le mistificazioni che si possano inventare attorno alla sua figura. E' molto sottile e ironico al riguardo un articolo del 2007 [print the legend] di Javier Cercas dove si sostiene tra l'altro che intorno allos crittore circolano due leggende. Una è quella che hanno cominciato a costruire subito dopo la morte icritici e i lettori
l'altra è quella che
Lo stesso Bolaño scrisse, nella frenesia monastica dei suoi ultimi anni dopo una vita intera consacrata con tenacia alla letteratura. Entrambe le leggende, come lo stesso nome indica non corrispondono alla realtà, pero' cio' che scrisse Bolano ha l'immenso vantaggio di essere in un certo senso piu' vero della verità, mentre l'altra leggenda è essenzialmente menzogna, o è una menzogna forgiata con ingredienti di verita', che è la forma più piu' precisa della menzogna. La leggenda che Bolano costruì nei suoi libri vivra' molti anni, o comunque è questo cio' che credo; quella che hanno costruito glia altri si sfumera' presto, o comunque è questo ciò che spero. E' quasi superfluo dire che era prevedibile la mitizzazione di Bolano. Al di là (o al di qua) del valore letterario della sua opera, il fatto che Bolano sia morto giovane e al culmine della sua potenza creativa e del prestigio, suppongo che impedisse qualsiasi altra possibilita (…) la storia della letteratura abbonda di esempi di questo tipo di canonizzazione….
E' anche vero tuttavia , che nel caso di Bolano, come in quello di tanti altri scrittori morti in simili circostanze, ci sia nella leggenda che circonda la sua fama postuma, una certa giustizia poetica.: in fondo tutta l'opera di Bolano puo' leggersi come un tentativo riuscito di convertire lasua propria vita in leggenda e le sovreccitazioni, le insolenze, le provocazioni dei suoi fugaci anni di scrittore ormai consacrato, se non fossero corrose da un umore feroce che i suoi lettori più acritici o superficiali non sempre paiono afferrare, potrebbero indurci a ritenere che Bolaño abbia finito i suoi giorni credendosi un personaggio di Bolaño; cosa che per fortuna è lontana dal vero o che lo è solo nella triste misura in cui ogni scrittore finisce col rassegnarsi presto o tardi a trasformarsi in un personaggio della sua propria opera (…)
Sia come sia, così come stanno le cose, è possibile che presto o tardi, alcuni dei suoi lettori meno perspicaci o piu' frastornati, restino delusi nel sapere che lo scrittore mito nel quale hanno voluto convertire Bolano, fu in vita un uomo morigerato e prudente, … ma questo non e' un problema di Bolano ne' della sau opera ma solo dei frastornati e di coloro che alimentano il loro stordimento.


© Carmelo P.© ( anche le traduzioni sono di Carmelo P.©)





NOTE

Roberto Bolaño, literatura + enfermedad = enfermedad link esterno -      torna su

in un bellissimo saggio ("dopo l'esilio  ") Massimo Rizzante dice: "La “parola” esilio non ha più una patria. Liberata dalle sue frontiere, disseminata in 333 testi e 107 citazioni, la parola ‘esilio’ ha perduto la sua ricchezza storica, la sua specificità semantica, e soprattutto la possibilità di cogliere l’altrove che è il mondo concreto" -  

  Ecco gl iarticoli piu' significativi:

Horacio Castellanos Moya Sobre el mito Bolaño - la Nacion 18/10/2009 link esterno

Lola Galan - El enigma universal de Roberto Bolaño - El pais 23/3/2009 link esterno

Leonardo Tarifeño - Los peligros de la obra de Bolaño en la era del marketing, del 2/10/09 link esterno

Javier cercas -
Print the legend - El Pais, 14/04/2007 link esterno
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domenica, ottobre 25, 2009

L’unico dovere di uno scrittore è scrivere bene

Quanto conta l’esperienza nell’atto creativo?

"L’unica esperienza di cui hai bisogno per scrivere è quella del fenomeno estetico. E non parlo di una formazione specifica, più o meno appropriata, bensì di un compromesso, o meglio di una scommessa, in cui l’artista mette in tavola la sua vita, ben sapendo che ne uscirà sconfitto. È molto importante sapere che perderai..."
...L’unico dovere di uno scrittore è scrivere bene e, se possibile, un po’ meglio che bene; ricercare l’eccellenza. Poi, come individuo, può fare quel che vuole; a me non importa. Può collezionare lattine di birra o essere un appassionato di calcio, diventare un fedele cagnolino della first lady di turno o un eroinomane.....
[Roberto Bolaño]

tratto da:
intervista a Roberto Bolaño di Gabriel Agosin O. - 19 febbraio 2002
" Quando scrivi è molto importante sapere che ne uscirai sconfitto"
( © Traduzione di Federico Bona )

link al testo integrale dell'intervista

Roberto Bolaño le frontiere del XXI secolo



Diversi studi sociologici affermano che il futuro potrebbe avere i contorni di un mondo fatto di crimini e impunità, come quello che si estende lungo la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti. Migliaia di donne vi sono uccise senza che gli assassini vengano puniti. Una valanga di impunità che, iniziate nel 1994, sono giunte sino ai nostri giorni. Ma poco importa il luogo, ciò che è certo è che il futuro assomiglierà a una frontiera. Alcuni romanzieri latinoamericani della nostra epoca provengono dalla frontiera storica che divide il territorio delle utopie e degli orrori del troppo umano :xx secolo da quello delle incertezze di questo XXI secolo postumano.


L'opera più potente di questa frontiera è certamente quella del cileno Roberto Bolaño, l'esule, che non ha soltanto aperto le frontiere magiche del ronianzo latinoamericano, ma ha aperto soprattutto, al di là di ogni geografia, la scatola romanzesca del XXI secolo. È lui che, a pieno diritto, costituisce il primo capitolo della storia del romanzo del secolo che viviamo.

( Miguel Gallego Roca, 2006 - Le frontiere del romanzo del XXI secolo (estratto parte I da Nuova Prosa nr. 46 )

trad. di Luigi Grazioli

link testo completo prima parte





giovedì, luglio 16, 2009

incantamento

incanto

inganno e incantamento

vivere nell'inganno è facile
ed è la nostra condizione naturale,
e in realtà questo non dovrebbe dolerci poi tanto
Javier Marias - domani nella battaglia pensa a me,

inganno:
* bugia, espediente, falsità, frode, insidia, menzogna, sotterfugio, stratagemma, tranello, trappola, trucco.
* abbaglio, artificio, errore, illusione, miraggio, incantamento .

La più completa delle biografie non è fatta d'altro che di frammenti irregolari e di scampoli scoloriti, anche la propria biografia. Crediamo di poter raccontare le nostre vite in maniera più o meno ragionata e precisa, e quando cominciamo ci rendiamo conto che sono affollate di zone d'ombra, di episodi non spiegati e forse inesplicabili, di scelte non compiute, di opportunità mancate, di elementi che ignoriamo perchè riguardano gli altri, di cui è ancora piu' arduo sapere tutto o sapere qualcosa.
L'inganno e la sua scoperta ci fanno vedere che anche il passato è instabile e malsicuro, che neppure ciò che in esso sembra ormai fermo e assodato lo è per una volta e non per sempre, che cio' che è stato è composto anche da ciò che non è stato, e che ciò che non è stato può ancora essere.


Javier Marias - domani nella battaglia pensa a me, pag 281

Sembra un dato di fatto che l'uomo - e forse la donna ancora di più - abbia bisogno di una certa dose di finzione, vale a dire, abbia bisogno ddell'immaginario oltre che dell'accaduto. e del reale. Non mi spingerei fino al punto di usare espressioni che trovo risapute o kitsch, come affermare che l'essere umano ha bisogno di "sognare" o di "evadere" (....).
Preferisco dire che ha bisogno di conoscere il possibile oltre che il vero, le congetture e le ipotesi e i fallimenti oltre ai fatti, ciò che è stato tralasciato e ciò che sarebbe potuto essere oltre a quello che è stato.
Quando si parla della vita di un uomo o di una donna, quando se ne traccia una ricapitolazione o un riassunto, quando se ne racconta la storia o la biografia, in un dizionario o in una enciclopedia o in una cronaca o chiacchierando tra amici, si è soliti raccontare ciò che quella persona ha portato a compimento e ciò che è effettivamente accaduto.
In fondo tutti abbiamo la stessa tendenza, vale a dire quella di vederci nelle diverse fasi della nostra vita come risultato e compendio di ciò che ci è accaduto e di cià che abbiamo ottenuto e di ciò che abbiamo realizzato, come se fosse soltanto questo ciò che costituisce la nsotra esistenza.

E dimentichiamo quasi sempre che le vite delle persone non sono soltanto questo: ogni percorso si compone anche delle nostre perdite e dei nostri rifiuti, delle nostre omissioni e dei nostri desideri insoddisfatti, di ciò che una volta abbiamo tralasciato o non abbiamo scelto o non abbiamo ottenuto, delle numerose possibilità che nella maggior parte dei casi non sono giunte a realizzarsi - tutte tranne una, alla fin fine -, delle nostre esitazioni e dei nostri sogni, dei progetti falliti e delle aspirazioni false o deboli, delle paure che ci hanno paralizzati, di ciò che abbiamo abbandonato e di ciò che ci ha abbandonati.
Insomma, noi persone forse consistiamo tanto in ciò che è verificabile e quantificabile e rammemorabile quanto in ciò che è più incerto, indeciso e sfumato,
forse siamo fatti in ugual misura di ciò che e' stato e di ciò che avrebbe potuto essere.
Javier Marias - domani nella battaglia pensa a me, pag 280


pensieri

pensieri

E' curioso come il pensiero cada nell'inverosimile, come se lo permetta in modo passeggero, come fantastichi o si faccia superstizioso per riposare un momento o trovare sollievo, come appaia capace di negare i fatti e di far indietreggiare il tempo, sia pure un istante. Come somigli al sogno
Javier Marias, domani nella battaglia pensa a me,pag. 53, Einaudi ed

Una volta Mesrure, quella che ride, si diverte sempre e quando meno te l'aspetti dice qualcosa di incredibile, mi aveva detto che nessuno puà sapere esattamente quello che pensa. Lo credo anch'io.
A volte dico una cosa e mi rendo conto di averla pensata solo mentre la dico, ma quando me ne rendo conto sono convinta di pensare il contrario....

...Ricordo che all'improvviso persi il controllo dei miei pensieri e cominciai a seguirli, stupito, come se fossero quelli di un altro....

....prendevo quel nuovo calamaio di bronzo, enorme e pesante che stava sullo scrittoio tra i soliti calamai, alcuni di vetro, altri di porcellana, altri di cristallo di rocca, colori decisi e colori vaghi, come se le cose che facevo e vedevo in quel momento non appartenessero a quel momento, ma fossero un ricordo molto lontano. Come accade nei sogni ci vediamo da fuori e rabbrividiamo....

....faccio una cosa ma e' come se non fossi io. Come se ci fosse qualcosa dentro di me che si agita, tutta la cattiveria che mi muove. Ma ne ho bisogno.
Orhan Pamuk, Il mio nome è rosso,pag. 124, Einaudi ed

E tu sai che a stare seduto e quieto, a uno la testa gli si riempie di pensieri. E questi pensieri vivono e prendono forme strane e si aggrovigliano talmente che, alla fine, a quelli che gli capita questo, diventano pazzi. Qui hai un esempio: io (1)

Juan Rulfo




(1): orig.:"Y tú sabes que el estarse sentado y quieto le llena a uno la cabeza de pensamientos. Y esos pensamientos viven y toman formas extrañas y se enredan de tal modo que, al cabo del tiempo, a la gente que eso le ocurre se vuelve loca. Aquí tienes un ejemplo: yo."

Juan Rulfo

identita

identita


MISTERO
Non so spiegare
neppure con me stesso
come possa restare
un animo infantile
all`io di adesso
dentro il suo delitto
e che ostinato
continui a alimentare
dentro la colpa
degli atti suoi di ieri
i sogni, i propositi,
i pensieri…

Paolo Ruffilli - “Le stanze del cielo”

La trama, signora, per me è tutto qui. La coscienza che ho, vede, è "ciascuno di noi si crede uno". Ma non è vero, signore. E’ tanti! Tanti! Secondo tutte le possibilità di essere che sono in noi, uno con questo e uno con quello. E diversissimi. E con l’illusione intanto di essere sempre uno per tutto, e sempre quest’uno che ci crediamo in ogni nostro atto. E non è vero, signora, non è vero. E ce ne accorgiamo bene, purtroppo, quando in qualcuno dei nostri atti, per un caso sciaguratissimo, restiamo all’improvviso come agganciati e sospesi. Ci accorgiamo, vedendoli, di non essere in quell’atto e che dunque un’atroce ingiustizia sarebbe giudicarci da quello solo, tenerci agganciati e sospesi alla gogna per un’intera esistenza, come se questa fosse assommata, tutta, in quell’atto!
Pirandello, uno, nessuno, centomila

Quando, per esempio, io parlo con un mio paziente, molte volte mi chiedo: "ma chi sta parlando"? Per me è infatti palese che quello che sta dicendo non gli appartiene, perché risulta, come dire, stonato. Allora chi parla al suo posto è magari il padre, la madre o comunque un'altra persona. Poiché naturalmente ha dovuto, come dire, assimilare queste cose senza saperlo, mi propone una serie di valori che non gli appartengono. Quello che è interessante è che lentamente, molto lentamente, tutto lo sforzo del nostro lavoro va proprio verso un processo che permetta all'individuo, che fino a quel momento era stato in un certo senso "diviso", diventare unico - perché individuo significa esattamente "non diviso", unico - e trasformarlo in una persona con una coerenza interna, che gli permetta di essere finalmente padrone delle sue motivazioni, dei suoi valori e, soprattutto, responsabile della sua vita
Aldo Carotenuto - il pensiero di Jung

oblio

oblio

...tante cose accadono senza che nessuno se ne accorga ne' le ricordi. Di quasi nulla resta traccia, i pensieri e i gesti fugaci , i progetti e i desideri, il dubbio segreto, i sogni, la crudelta' e l'insulto, le parole dette e ascoltate e poi negate o fraintese o travisate, le promesse fatte e non tenute in conto, neppure da parte di quelli a cui sono state fatte, tutto si dimentica o va perduto, cio' che si fa da soli e di cui non si prende nota e anche quasi tutto cio' che non e' solitario ma in compagnia, quanto poco rimane di ogni individuo, di quanto poco vi e' testimonianza, e di quel poco che rimane tanto si tace, e di quello che non si tace si ricorda dopo soltanto una parte minima, e per poco tempo, la memoria individuale non si trasmette e non interessa chi la riceve, il quale plasma e possiede la sua propria memoria.
Tutto il tempo e' inutile, non soltanto quello del bambino, o tutto e' come il suo, quanto avviene, quanto entusiasma o fa male nel tempo si coglie soltanto per un istante, poi si perde e tutto e' scivoloso come la neve compatta e come e' per Celia e per l'uomo che occupa il mio posto il suo sonno di adesso, di questo istante. Quel sonno e' sfumato per sempre sotto i miei stessi occhi, anche se non son ostato io a farlo svanire, nonostante la mia presenza.
Javier Marias - domani nella battaglia pensa a me, pag 197

Che cosa significa, ad esempio, che io ho dimenticato dei rapporti molto duri che ho vissuti quando ero bambino? Può significare che quelle esperienze erano così dolorose che io ho sentito il bisogno di allontanarle dalla mia vita. In realtà, le ho allontanate, ma non le ho cancellate del tutto, perché esse continuano ad operare nascostamente dentro di me. Così molte volte l'origine del mio malessere, l'origine del mio comportamento che non si spiega in nessun modo, può avere la sua ragion d'essere nel fatto che certe esperienze della mia vita, non maturate, non portate alla coscienza - noi diremmo non "elaborate" a sufficienza - continuano a far sentire il loro fastidio, la loro importanza.
aldo carotenuto

"'I suoi argomenti, caro Borges, sono semplici stratagemmi della paura, perchè io non la uccida. Ma ormai non può farci più niente.' 'Una cosa posso ancora farla,' obiettai. 'E quale? ' mi chiese lui. 'Svegliarmi.' E così feci."
(L'episodio del nemico, J.L.Borges) .

Le cose, su Tloen, si duplicano; ma tendono anche a cancellarsi e a perdere i dettagli quando la gente le dimentichi. E' classico l'esempio di una antica soglia, che perdurò finche un mendicante venne a visitarla, e che alla morte di colui fu perduta di vista. Talvolta pochi uccelli, un cavallo, salvarono le rovine di un anfiteatro."
(Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, J.L.Borges)

Pino Daniele - Dimentica







il sole dentro di me (video)

ho sognato di vivere insieme a te.
Eravamo così, così come adesso
il tuo amore sul mio petto
ed un letto da dividere per sempre
insieme
insieme
per sempre.....

Dimenticare non è giusto
non è giusto ma
ognuno coi suoi limiti
ognuno nei suoi guai
dimenticare il vero e il falso
è peggio che morire
ma il tempo ha la sua logica

il testo intero




"L'abbiamo resa tanto folle questa terra, che non possiamo neanche più pensare di trovare un colpevole, una ragione storica, una comprensione culturale. L'unica cosa è la fuga. Fuggire all'interno della foresta, o in America, è la stessa cosa. Basta non vedere e non essere costretti a ricordare".
Sony Labou Tansi, scrittore zairese
da "La vita e mezza" 1990

il passato

reinventare il passato -la memoria individuale

No. La notte che Rüya l'aveva l'aveva lasciato era un'immagine molto più semplice che lo tormentava, un'immagine che gli evocava una felicita' sfuggita, un'opportunita' non colta, una promessa non mantenuta......
...Per tutta quella lunga notte, ogni volta che richiamò alla mente questa immagine ventiquattro anni, si senti' crescere dentro la stessa impazienza, con tutta la sgradevolezza di una pentola di latte che improvvisamente trabocca. Dov'era finito questo famoso frammento di vita che aveva perso?
Orhan Pamuk, il libro nero, Einaudi ed.


...Ma egli si meraviglio' anche di se stesso, per il fatto di non poter imparare a dimenticare e di essere continuamente legato al passato; per quanto lontano, per quanto rapidamente egli corra, corre con lui la catena...
F.Nietzsche

Si tratta dell’aspetto "tragico" dell'esistenza umana. Non credo che il passato possa essere cancellato, sono però convinto che sia possibile trasformarlo. Ogniqualvolta le nostre esperienze passate vengono redente, necessariamente subiscono una modificazione. Dal punto di vista psichico questo implica che, nel momento in cui reinterpretiamo la nostra vita, cambia anche il passato che vive dentro di noi.
La sfida consiste nel mutare costantemente l'immagine delle esperienze che abbiamo vissuto, ravvivandola e ricostruendo la nostra identità se tali esperienze tragiche vengono recuperate, allora la negatività può trasformarsi in positività: il dolore vissuto nel passato, elaborato attraverso il processo di ricostruzione interiore, può tramutarsi in dolore psichico e diventare un elemento di forza.
David Meghnagi - Identità individuale ed identità colettiva